Consiglio di Stato 
                            Sezione Prima 
 
    Adunanza di Sezione del 1° aprile 2015 
    Numero affare 00369/2015 
    Oggetto: Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza
di  sospensiva,   proposto   da   Salvatore   Messineo   avverso   il
provvedimento di collocamento a riposo a decorrere dal 15 marzo  2015
e il presupposto provvedimento in data 20 febbraio 2015 con il  quale
si  e'  dichiarato  che  la  sua   istanza   di   disponibilita'   al
trattenimento in servizio fino al compimento  del  settantacinquesimo
anno di eta' non poteva essere valutata. 
    La Sezione ha pronunciato il seguente provvedimento. 
    Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 0019808 in
data 25 marzo 2015, con cui la Presidenza del Consiglio dei  ministri
si e' espressa sulla fondatezza e sui presupposti per la richiesta di
sospensione  degli  atti  impugnati,  riservandosi   di   relazionare
ulteriormente nel merito una volta esaurita la fase cautelare; 
    Visto il ricorso del 6 marzo 2015; 
    Visto l'art. 1, commi 1, 2, e  3,  di  cui  al  decreto-legge  24
giugno 2014 n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto
2014, n. 114; 
    Visto l'art. 3 della Costituzione; 
    Visto l'art. 77, comma 3 della Costituzione; 
    Visto l'art. 81, comma 3 della Costituzione; 
    Visto l'art. 97, comma 3 della Costituzione; 
    Visti gli artt. 3, 35 e 117 della Costituzione  (con  riferimento
anche agli artt. 1, 2 e  6,  par.  I,  direttiva  2000/78/ce  del  27
novembre 2000, come interpretati dalla Corte di Giustizia dell'UE con
sentenza 6 novembre 2011 in causa C. 286/12); 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Esaminati gli atti e udito  il  relatore,  consigliere  Giancarlo
Luttazi. 
Premesso. 
    Il ricorrente, vice  avvocato  generale  dello  Stato,  impugna -
formulando dodici eccezioni di incostituzionalita' della normativa di
riferimento - il  provvedimento  che  lo  ha  collocato  a  riposo  a
decorrere dal 15 marzo 2015 e la  connessa  pregressa  determinazione
con cui gli si e' comunicato che la sua istanza di  trattenimento  in
servizio fino al 75° anno di eta'  non  poteva  essere  valutata  per
effetto dell'entrata in  vigore  dell'art.  1  del  decreto-legge  24
giugno 2014, n. 90 come modificato  dalla  legge  di  conversione  11
agosto 2014, n. 114. 
    Tale articolo, al comma 1, ha  abrogato  l'art.  16  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni. 
    Inoltre il comma 3, per  effetto  della  modifica  operata  dalla
legge di conversione all'originario testo del decreto-legge  («3.  Al
fine di salvaguardare la funzionalita'  degli  uffici  giudiziari,  i
trattenimenti in servizio dei  magistrati  ordinali,  amministrativi,
contabili, militari nonche' degli avvocati dello  Stato,  sono  fatti
salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se  prevista
in data anteriore»), ha  escluso  dal  beneficio  della  proroga  dei
trattenimenti in servizio sino al 31 dicembre 2015 o fino  alla  loro
scadenza se prevista in  data  anteriore  gli  avvocati  dello  Stato
(comma 3 citato, come sostituito dalla citata legge di conversione n.
114 del 2014: «Al fine di salvaguardare la funzionalita' degli uffici
giudiziari, i trattenimenti in servizio, pur se ancora non  disposti,
per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e  militari  che
alla data di entrata in vigore del  presente  decreto  ne  abbiano  i
requisiti ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo  30  dicembre
1992, n. 503, e successive modificazioni, sono fatti salvi sino al 31
dicembre  2015  o  fino  alla  loro  scadenza  se  prevista  in  data
anteriore»). 
    Il comma  2  recita:  «Salvo  quanto  previsto  dal  comma  3,  i
trattenimenti in servizio in essere alla data di  entrata  in  vigore
del presente decreto sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 o  fino
alla loro scadenza se prevista in data anteriore. I trattenimenti  in
servizio disposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art.  1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non  ancora
efficaci alla data di entrata in vigore  del  presente  decreto-legge
sono revocati». Sicche' la posizione del  trattenimento  in  servizio
degli avvocati dello Stato e' regolata dalla norma di cui ai commi 1,
2 e 3 della fonte normativa indicata. 
    Il  ricorrente  ritiene  che  i  provvedimenti  impugnati   siano
illegittimi perche' la normativa sulla quale essi sono fondati  viola
la Costituzione sia per vizi del procedimento  legislativo,  sia  per
contrasto con precetti e principi costituzionali attinenti al  merito
ed al contenuto delle scelte del  legislatore;  formula  le  seguenti
eccezioni di incostituzionalita' della norma: 
        1) violazione dell'art.  81,  comma  3,  della  Costituzione:
l'eliminazione dell'istituto del trattenimento in  servizio  prevista
dall'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014 comporterebbe una rilevante nuova
spesa, quanto meno per l'anticipo dell'erogazione  della  pensione  e
dei trattamenti di fine servizio; 
        2) violazione  dell'art.  97  della  Costituzione  quanto  ai
profili  concernenti   la   violazione   del   nuovo   parametro   di
costituzionalita' costituito dal criterio di economicita', introdotto
dall'art. 2, comma 1, legge cost. 20 aprile 2012, n. 1; 
        3) violazione  dell'art.  97  della  Costituzione  quanto  ai
profili concernenti la violazione dei principi di buon andamento e di
efficienza; 
        4) violazione dell'art.  77,  comma  2,  della  Costituzione:
sotto il profilo della  evidente  insussistenza  della  necessita'  e
dell'urgenza stante l'inidoneita' delle  misure  previste  dai  primi
commi dell'art. 1 del d.l. n. 90  del  2014  a  conseguire  lo  scopo
prefigurato del ricambio generazionale; 
        5) violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il profilo
dell'irragionevolezza; 
        6) violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione  del
principio  di  uguaglianza  per  avere  regolato  in  modo   identico
situazioni diverse (omologazione degli avvocati dello  Stato  con  la
generalita' dei dipendenti pubblici). 
        7) violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione  del
principio  di  uguaglianza  per  avere  regolato  in   modo   diverso
situazioni  uguali  (diversita'  di  trattamento  per  categorie   di
personale per le quali era  egualmente  previsto  il  trattamento  in
servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di eta'); 
        8) violazione dell'art. 3 della Costituzione: violazione  del
principio di uguaglianza  per  avere  regolato  in  modo  diverso  le
situazioni parificate a ogni effetto giuridico degli  avvocati  dello
Stato e dei magistrati; 
        9)  violazione  dell'art.  77  della  Costituzione  sotto  il
profilo della mancata adozione di  una  nuova  delibera  del  Governo
sulle modificazioni che sono state introdotte  al  d.l.  dopo  il  13
giugno 2014 e prima della sua pubblicazione in G.U.; 
        10) violazione  dell'art.  77  della  Costituzione  sotto  il
profilo del ritardo con cui il  d.l.  n.  90/2014  e'  stato  portato
all'esame delle Camere. 
        11) violazione  dell'art.  77  della  Costituzione  sotto  il
profilo    della    mancanza    del    requisito    dell'urgenza    e
dell'indifferibilita'; 
        12) violazione degli artt. 3, 35 e 117 della Costituzione con
riferimento anche agli artt. 1, 2 e 6, par. I,  direttiva  2000/78/CE
del 27 novembre 2000, come  interpretati  dalla  Corte  di  Giustizia
dell'UE con sentenza 6 novembre 2011 in causa c. 286/12). 
    Il ricorso,  con  istanza  di  sospensione  cautelare,  e'  stato
direttamente proposto a questo Consiglio  di  Stato  richiamando  gli
artt. 11 del d.P.R. n.  1199/1971  e  3,  comma  4,  della  legge  n.
205/2000. 
    Con parere n. 721 dell'1l marzo 2015,  reso  nell'adunanza  dello
stesso giorno, la Sezione ha espresso il parere: 
        che l'istanza cautelare in ricorso dovesse essere  accolta  e
conseguentemente sospesa  l'efficacia  del  provvedimento  impugnato,
fino alla data del 1° aprile 2015 (data della presente adunanza); 
        che la Presidenza del Consiglio dei ministri, competente alla
relazione di cui all'art. 11 del d.P.R. 24 novembre 1971, n.  1199  e
al provvedimento cautelare ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge
n.  205/2000,  fosse  da  officiare  per  una  relazione   contenente
documentati  elementi  sulla  istanza  cautelare  e  sul  merito  del
ricorso; 
        che copia del parere  e  del  ricorso  straordinario  dovesse
trasmettersi per quanto di competenza all'Avvocatura  generale  dello
Stato, quale organo  deputato  alla  difesa  dell'Amministrazione  ed
emanante l'atto impugnato; 
        che l'ulteriore trattazione fosse rinviata alla adunanza  del
1° aprile 2015. L'Avvocatura generale dello Stato ha  trasmesso  alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  elementi  ai  fini   della
relazione a questo Consiglio di Stato. 
    La Presidenza del Consiglio dei ministri, con relazione pervenuta
a questo Consiglio di Stato in data 27 marzo 2015, si e' espressa nel
senso della  totale  infondatezza  del  ricorso  e  dell'assenza  dei
presupposti per la sospensione degli atti impugnati, riservandosi  di
relazionare ulteriormente nel  merito  una  volta  esaurita  la  fase
cautelare. 
    Con atto datato 26 marzo 2015 e pervenuto tramite  la  Presidenza
del Consiglio dei ministri in data 27 marzo  2015  il  ricorrente  ha
formulato osservazioni e deduzioni sulla  relazione,  nonche'  motivi
aggiunti. 
    In data 30  marzo  2015  il  ricorrente  ha  formulato  ulteriori
rilievi.  All'adunanza  odierna  questa  Sezione,  ritenuta  in   via
interinale rilevante e  non  manifestamente  infondata  la  questione
della legittimita' costituzionale dell'art. 1, del  decreto-legge  24
giugno 2014, n. 90,  convertito  con  modificazioni  dalla  legge  11
agosto 2014, n. 114, ha espresso il parere  che  l'istanza  cautelare
proposta debba essere accolta e che per l'effetto in  via  interinale
debba essere sospesa l'efficacia dei  provvedimenti  impugnati,  fino
all'adunanza successiva alla restituzione degli atti da  parte  della
Corte costituzionale, nel corso della quale verra' emesso  il  parere
di definizione della fase cautelare. 
Considerato. 
    Con parere interinale  in  sede  cautelare  la  Sezione,  sospesa
l'efficacia  dei  provvedimenti   impugnati,   fino   alla   adunanza
successiva  alla  restituzione  degli  atti  da  parte  della   Corte
costituzionale,  ha  richiesto  all'Amministrazione   competente   di
provvedere interinalmente sulla domanda di trattenimento in  servizio
del ricorrente in base al regime precedente l'entrata in vigore della
normativa di cui all'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 e
dello stesso decreto-legge, convertito con modificazione dalla  legge
11 agosto 2014, n. 114. 
    La Sezione ritiene che la questione  di  costituzionalita'  della
norma di cui ai commi 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 90 del 2014, come
modificato dalla legge di conversione n. 114 del 2014, nella parte in
cui ha disposto l'abrogazione dell'art. 16 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni, sia rilevante e non
manifestamente infondata. 
    La disposizione del menzionato art. 16 prevedeva, al comma 1,  la
facolta'  dell'Amministrazione  di  trattenere  in  servizio  per  un
periodo massimo di un biennio il dipendente oltre i  limiti  di  eta'
previsti dalla norma applicabile al dipendente stesso,  in  relazione
"alla particolare esperienza professionale acquisita  dal  dipendente
in determinati o specifici  ambiti  ed  in  funzione  dell'efficiente
andamento dei servizi». 
    Il comma 1-bis dell'art. 16 in  questione  prevedeva,  attraverso
una serie di rinvii, che la facolta'  di  trattenimento  in  servizio
attribuita all'Amministrazione fosse estesa a cinque anni  ("sino  al
compimento del settantacinquesimo anno di  eta'")  per  i  magistrati
ordinari e amministrativi, per i magistrati della giustizia  militare
e per gli avvocati dello Stato. 
    La  questione  sollevata  nel  corso  della  fase  cautelare  del
procedimento per ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 13,  primo
comma, terzo periodo, d.P.R. n.  1199/1971,  inserito  dall'art.  69,
comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, appare rilevante ai  fini
dell'emissione del parere. 
    La   disposta   sospensione   temporanea    dell'efficacia    dei
provvedimenti impugnati fondata sul fumus  bori  imis,  in  relazione
alla non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale  posta  dal  ricorrente,  non  ha  esaurito  la   fase
cautelare, che riprendera'  dopo  la  conclusione  dell'incidente  di
legittimita' costituzionale, in considerazione della quale tale  fase
sara' conclusa. Permane quindi il potere della Sezione  di  sollevare
la questione di legittimita' costituzionale. 
    I  provvedimenti  impugnati  sono  espressamente  fondati   sulle
disposizioni di cui all'art. 1, commi 1, 2 e 3, del  d.l.  24  giugno
2014, n. 90,  come  convertito  in  legge,  che  rilevano  in  quanto
abrogratrici della facolta' dell'Amministrazione di trattenimento  in
servizio dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici  non
economici  (comma  1)  e,  in  via  subordinata,  in   quanto   hanno
disciplinato i trattenimenti in servizio degli avvocati  dello  Stato
nell'ambito della generalita' dei dipendenti e non nell'ambito  delle
categorie di personale di cui all'art.  1  della  legge  19  febbraio
1981, n. 27 (comma 3). 
    La questione di costituzionalita'  proposta  viene  sollevata  in
riferimento a vizi del procedimento (art. 77 Cost,), alla  violazione
dell'art 81 Cost., e dei principi di  economicita'  (art.  97,  primo
comma Cost.) di buon andamento e imparzialita'  dell'Amministrazione,
di eguaglianza (artt. 97 e 3 Cost.) sotto diversi profili,  e  infine
per violazione degli artt.  3,  35  e  117  della  Costituzione,  con
riferimento agli artt. 1, 2 e 6 direttiva 2000/78/CE. 
    La  questione  di   costituzionalita'   della   normativa   sopra
richiamata, posta con riferimento alla  norma  di  cui  all'art.  81,
terzo comma, Cost. non e' manifestamente infondata. 
    L'art. l del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito  con
modificazioni con la legge 11 agosto 2014, n. 114,  sembra  porsi  in
contrasto con gli artt. 81, terzo comma, 97 e 3 Cost. 
    Va premesso che il legislatore ha  ritenuto  che  il  rinvio  del
collocamento  a  riposo,  oggetto  di  abrogazione  da  parte   della
normativa della cui costituzionalita' si dubita fosse funzionale alle
misure di contenimento della spesa pubblica (Corte cost. n. 83/2013). 
    La Sezione osserva, quindi, che l'eliminazione dell'istituto  del
trattenimento in servizio, come introdotta dall'art. 1, comma 1,  del
di  n.  90  del  2014,  comporta  maggiori   spese   per   l'anticipo
dell'erogazione della pensione e dei  trattamenti  di  fine  servizio
rispetto a quelli originariamente calcolati dal Governo  e  riportati
al comma 6 dell'art. 1 del decreto-legge: "6. All'onere derivante dal
presente articolo pari a 2,6 milioni per l'anno  2014,  75,2  milioni
per l'anno 2015, 113,4 milioni per l'anno  2017  e  152,9  milioni  a
decorrere dall'anno 2018, si provvede con le seguenti modalita':". 
    Siffatta determinazione quantitativa e' rimasta  invariata  anche
nel testo convertito, nonostante le  modificazioni  introdotte  dalla
legge di conversione abbiano significativamente ampliato le categorie
di dipendenti pubblici a cui si applica la specifica disciplina. 
    In particolare, in sede di conversione: 
        a) e' stata modificata,  per  quanto  concerne  gli  avvocati
dello Stato, l'originaria  previsione  contenuta  nel  comma  3,  che
faceva espressamente "salvi  sino  al  31  dicembre  2015"  anche  "i
trattenimenti in servizio... degli avvocati dello Stato",  prevedendo
anche per questi ultimi che "i trattenimenti in  servizio  in  essere
alla data di entrata in vigore del ...  decreto»  -  legge  dovessero
cessare il 31 ottobre 2014; 
        b) e' stato inserito nel  testo  originario  dell'art.  1  il
comma 3-bis, con il quale la data di cessazione dei trattenimenti  in
servizio del personale della scuola e' stata ulteriormente anticipata
al 31 agosto 2014 (rispetto alla data  comune  del  31  ottobre  2014
prevista per tutti  i  dipendenti  dal  comma  2  dell'art.  1:  data
quest'ultima che, con specifico riguardo al personale  della  scuola,
era destinata, a sua volta, ad essere differita alla  fine  dell'anno
scolastico - vale a dire al 31 agosto 2015 - in funzione di specifica
regola propria dell'organizzazione scolastica dettata a  salvaguardia
del principio di continuita' didattica); 
        c) e' stato soppresso l'originario comma 4 dell'art.  1,  che
al fine di garantire l'efficienza e  l'operativita'  del  sistema  di
difesa e sicurezza nazionale manteneva ferma sino al 31 dicembre 2015
la disciplina dei richiami in servizio di cui agli artt.  992  e  993
del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66; 
        d) e' stato riscritto comma 5: rispetto al testo iniziale  le
modifiche introdotte provvedono a stabilizzare la  facolta',  per  le
PP.AA., di addivenire alla risoluzione  anticipata  del  rapporto  di
lavoro o del  contratto,  estendendo  tale  facolta'  di  risoluzione
anticipata anche ai soggetti che  abbiano  beneficiato  dell'art.  3,
comma 57, della legge 24  dicembre  2003,  n.  350  (riammissione  in
servizio  dopo  la  sospensione  a  seguito  di  procedimento  penale
conclusosi con sentenza di proscioglimento). 
    Nonostante  l'introduzione  di   siffatte   rilevanti   modifiche
comportanti  maggiori  spese,  il  testo  dell'originario   comma   6
dell'art. 1  e'  rimasto  invariato,  sicche'  puo'  dubitarsi  della
violazione della norma di cui all'art. 81, terzo comma,  Cost.,  come
sostituito dall'art. 1, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile
2012, n. 1, che recita "Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri
provvede ai mezzi per farvi fronte". 
    Giova in proposito ricordare che, in vigenza del testo originario
dell'art. 81 Cost. secondo il quale "ogni altra [altra rispetto  alla
legge di bilancio] legge che importi maggiori spese deve  indicare  i
mezzi per farvi fronte", la giurisprudenza costituzionale  sin  dalla
sentenza n. 1/1966 ha affermato che "l'obbligo della  copertura  deve
essere osservato dal legislatore ordinario  anche  nei  confronti  di
spese nuove o maggiori che la  legge  prevede  siano  inserite  negli
stati di previsione della spesa per gli esercizi futuri». 
    Il contenuto di detto obbligo  e'  stato  ulteriormente  chiarito
dalla Corte costituzionale, precisando che la  copertura  finanziaria
deve essere indicata in maniera "credibile" (sentenze nn. 115  e  214
del 2012 e 28 del 2013), che non puo' essere assoggettata a copertura
un'entita' indefinita (sentenza n. 181 del 2013) e che,  in  presenza
di disposizioni che comportano un onere, la cui esistenza «si  desume
dall'oggetto della legge e dal contenuto di essa",  l'incapienza  dei
pertinenti  stanziamenti  di  bilancio   determina   la   conseguente
illegittimita' delle stesse  per  contrasto  con  l'art.  81,  quarto
comma, Cost. (testo originario). 
    Piu' di recente,  la  Corte  costituzionale,  nell'esercizio  del
controllo  successivo  di  leggi  di  spesa,  ha  affermato  che  "il
principio di analitica copertura finanziaria - espresso dall'art. 81,
quarto comma, Cost., e ora sostanzialmente riprodotto  nell'art.  81,
terzo comma, Cost., come formulato dalla legge  costituzionale  n.  1
del 2012, e previsto dall'art. 17 della legge n. 196 del  2009  -  ha
natura di  precetto  sostanziale,  cosicche'  ogni  disposizione  che
comporta conseguenze finanziarie di  carattere  positivo  o  negativo
deve  essere  corredata  da  un'apposita  istruttoria  e   successiva
allegazione degli effetti previsti e  della  relativa  compatibilita'
con le risorse disponibili. Nel caso di norme  a  regime  ...,  (come
quelle  di  specie),  tali  operazioni  devono  essere  riferite  sia
all'esercizio di competenza che a quelli successivi in cui  le  norme
esplicheranno effetti" (sentenza n. 224 del 2014). 
    E' bene qui rammentare il contenuto prescrittivo del citato  art.
17, comma 7, della legge 31 dicembre  2009,  n.  196  richiamato  dal
Giudice delle leggi: ivi e' stabilito che  "7.  Per  le  disposizioni
legislative in  materia  pensionistica  e  di  pubblico  impiego,  la
relazione  di  cui  al  comma  3  contiene  un  quadro  analitico  di
proiezioni  finanziarie,  almeno  decennali,  riferite  all'andamento
delle variabili collegate ai soggetti beneficiati e  al  comparto  di
riferimento. Per le disposizioni legislative in materia  di  pubblico
impiego, la relazione contiene i dati sul numero dei destinatari, sul
costo  unitario,  sugli  automatismi  diretti  e  indiretti  che   ne
conseguono fino alla loro completa  attuazione,  nonche'  sulle  loro
correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce
di dipendenti pubblici omologabili.». 
    Il menzionato  comma  3  dello  stesso  art.  17,  a  sua  volta,
prescrive che «3.... i  disegni  di  legge,  gli  schemi  di  decreto
legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino
conseguenze finanziarie devono  essere  corredati  di  una  relazione
tecnica, predisposta dalle amministrazioni  competenti  e  verificata
dal Ministero dell'economia e delle  finanze,  sulla  quantificazione
delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione,  nonche'
delle  relative  coperture,  con  la  specificazione,  per  la  spesa
corrente e per le minori  entrate,  degli  oneri  annuali  fino  alla
completa attuazione delle norme e, per le spese  in  conto  capitale,
della  modulazione  relativa  agli   anni   compresi   nel   bilancio
pluriennale e dell'onere  complessivo  in  relazione  agli  obiettivi
fisici previsti. Alla relazione  tecnica  e'  allegato  un  prospetto
riepilogativo degli effetti finanziari di  ciascuna  disposizione  ai
fini del saldo netto da finanziare  del  bilancio  dello  Stato,  del
saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche  e  dell'indebitamento
netto del conto consolidato delle  pubbliche  amministrazioni.  Nella
relazione  sono  indicati  i  dati  e  i  metodi  utilizzati  per  la
quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la  verifica
tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui  ai  regolamenti
parlamentari, nonche' il raccordo con le previsioni  tendenziali  del
bilancio dello Stato, del conto consolidato  di  cassa  e  del  conto
economico delle  amministrazioni  pubbliche,  contenute  nel  DEE  ed
eventuali successivi aggiornamenti.». Detta relazione - ai sensi  del
comma 4 - deve anche evidenziare gli effetti di ciascuna disposizione
sugli andamenti tendenziali del saldo di cassa  e  dell'indebitamento
netto delle pubbliche amministrazioni per la  verifica  del  rispetto
degli equilibri di finanza pubblica, indicando altresi' i criteri per
la loro quantificazione  e  compensazione  nell'ambito  della  stessa
copertura finanziaria. 
    La Corte costituzionale - da ultimo con la citata sentenza n. 224
del 2014 - ha chiarito da tempo che l'art. 17 della legge n. 196  del
2009  esplicita  gli  specifici  adempimenti  con  cui  deve   essere
concretamente attuato il principio di analitica copertura finanziaria
posto dall'art. 81 Cost., sicche' le prescrizioni poste dal  suddetto
art. 17  costituiscono  indicatori  puntuali  e  parametri  utili  di
riferimento per verificare il rispetto dello stesso art. 81 Cost. 
    Anche nella sentenza n. 26 del 2013 il  Giudice  delle  leggi  ha
ribadito con specifico  riferimento  alle  disposizioni  "in  materia
pensionistica" la necessita'  che  esse  siano  "accompagnate  da  un
quadro  analitico  di  proiezioni  finanziarie,   almeno   decennali,
riferite  all'andamento  delle  variabili   collegate   ai   soggetti
beneficiari,  e  non  semplicemente  da  una  stima  apodittica   dei
conseguenti oneri.» (nel senso, sentenze nn. 9 del 1958, 16 del 1961,
19 del 1970, 331 del 1988, 26 e 384 del 1991, 25 del  1993,  446  del
1994, 359 del 2007, 213 e 386 del 2008, 70 del 2012). 
    E' certo che le disposizioni recate dall'art. 1 del  d.l.  n.  90
del 2014 riguardino la materia "pensionistica e di pubblico impiego";
pertanto, l'introduzione di esse imponeva  l'adozione  di  tutti  gli
indicati  adempimenti  e  la  formulazione  di  specifica   relazione
conforme a quanto prescritto dal richiamato art. 17, comma  3,  della
legge n. 196 del 2009. 
    Sennonche',  l'omissione   dei   suddetti   adempimenti   risulta
confermata dalla Nota di lettura n.  57,  redatta  dal  Servizio  del
bilancio del Senato, dedicata all'art. 1 del d.l. 90 del 2014 e nella
quale si rileva quanto segue: 
        a)  la  relazione  tecnica  governativa  da'  atto  che  "Dal
complesso delle disposizioni" concernenti l'abrogazione dell'istituto
del mantenimento in servizio "derivano maggiori  oneri  previdenziali
per anticipo dell' erogazione della pensione  e  dei  trattamenti  di
fine servizio; 
        b) la quantificazione di tale maggiore spesa,  contenuta  nel
comma 6 dell'art. 1, e' stata effettuata "Sulla base di dati  desunti
dal conto annuale (2012)" dal quale "risultano in corso trattenimenti
in servigio per circa 1.200 soggetti di cui  circa  660  relativi  al
compatto   della   magistratura":   -   si   tratta,   pertanto,   di
quantificazione  non  aggiornata  al  2014,  che  non   tiene   conto
dell'effettivo   numero   dei   soggetti   coinvolti   dalle    nuove
disposizioni,  sicche'  la  spesa  risulta  determinata  con  margini
rilevanti di approssimazione per difetto; 
        c) le previsioni di spesa  riferite  nel  prospetto  allegato
alla relazione tecnica governativa  e  poi  riprodotte  nel  comma  6
dell'art. 1 - riguardano solo il  quinquennio  2014-2018,  nonostante
nella stessa relazione si riconosca e si dia atto che  gli  oneri  in
questione sussistono anche per gli anni successivi,  sicche'  risulta
non assolto l'obbligo di indicare le proiezioni  finanziarie,  almeno
decennali; 
        d)  l'anticipazione  al  31  agosto   2014   dell'abrogazione
dell'istituto  del  mantenimento  in  servizio,  introdotta  in  sede
parlamentare con riguardo al personale  scolastico,  che  secondo  il
Governo  "non   comporta   alcun   effetto   finanziario",   non   e'
condivisibile alla  stregua  della  previsione  originaria  (che  non
differenziava  detto  personale   rispetto   alla   generalita'   dei
dipendenti), in quanto  la  cessazione  dal  servizio  avrebbe  avuto
effetti - per il principio della continuita' didattica - non gia'  il
31 agosto 2014 (come ora previsto), bensi' il 31 agosto 2015  (o,  in
tesi alternativa restrittiva, il 31 ottobre 2014); 
        e) la tesi  della  neutralita'  finanziaria  delle  modifiche
riguardanti gli avvocati dello Stato, che secondo il Governo  sarebbe
"compensata" dal differimento al 31 dicembre 2015 del collocamento  a
riposo del gruppo di magistrati i cui provvedimenti  di  mantenimento
in servizio non si erano ancora perfezionati,  non  e'  sostenuta  da
elementi a supporto, anche nella considerazione che  "[1]  a  diversa
estensione  delle  platee  in  questione  non   induce   a   ritenere
prudenziale  una  valutazione  di   neutralita'   finanziaria   delle
modifiche apportate", tanto piu' che "in merito alla  maggiore  spesa
pensionistica e  a  quella  relativa  all'anticipo  del  TFS  ...  si
dovrebbero  acquisire  i  dati  relativi   all'anticipo   medio   del
pensionamento rispetto a quanto previsto  a  legislazione  vigente  e
all'importo medio del trattamento pensionistico ..., nonche' del  TFS
stesso"; 
        f)  il  mancato  computo  delle  ulteriori  spese   derivanti
dall'anticipazione  al  31  ottobre  2014  della   cessazione   della
disciplina per i richiami, di cui agli artt. 992 e 993 del d.lgs.  15
marzo 2010, n. 66, indotta dalla soppressione dell'originario comma 4
dell'art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, che manteneva ferma fino  al  31
dicembre 2015 la disciplina del trattenimento in servizio; 
        g)  l'assenza  di  qualsiasi  indicazione   della   copertura
finanziaria, dopo  la  riscrittura  del  comma  5  dell'art.  1,  che
disciplina la facolta' di  risoluzione  anticipata  del  rapporto  di
lavoro o del contratto individuale anche del personale dirigenziale. 
    Nella nota di lettura del Sevizio bilancio del Senato  si  rileva
ancora che  «parte  delle  coperture  degli  oneri  (tutti  di  parte
corrente)  e'  rappresentata  da  risorse  in  conto  capitale,  come
peraltro riconosciuto dallo stesso Governo ... e che, nelle more  del
conseguimento  dei  risparmi   derivanti   dalla   spending   review,
l'accantonamento di ulteriori somme a valere sugli stanziamenti delle
amministrazioni  centrali  dello  Stato  potrebbe,  alla   luce   del
succedersi di  interventi  analoghi,  pregiudicare  la  funzionalita'
delle medesime amministrazioni,  ovvero  riflettersi  negli  esercizi
successivi determinando fenomeni  di  rimbalzo  negli  impegni  sulle
linee di finanziamento incise dalla norma". 
    Alla luce delle suestese considerazioni non appare manifestamente
infondata l'eccezione di violazione del precetto posto dall'art.  81,
terzo comma, Cost., in ottemperanza al quale i  soggetti  contitolari
delle decisioni politiche, Governo e  Parlamento,  sono  tenuti  alla
verifica sull'esatta  quantificazione  e  sulla  credibile  copertura
degli oneri finanziari che derivano dagli atti legislativi. 
    Si tratta, peraltro, di adempimenti che assumono rilievo ai  fini
della giustiziabilita' costituzionale delle leggi  anche  nel  quadro
della novella del 2012, che nella riformulazione dell'art.  81  Cost.
ha  introdotto  il  concetto  di  equilibrio  di   bilancio,   legato
all'andamento del ciclo economico, che e' cosa diversa  dal  pareggio
formale della  spesa  e  dell'entrata.  A  siffatta  conclusione  sul
sindacato costituzionale inducono alcuni  principi  ricavabili  dalla
sentenza n. 81 del 2012 della  Corte  costituzionale  in  materia  di
insindacabilita'  degli   atti   politici.   Nella   pronuncia,   pur
affermandosi che l'esistenza di spazi riservati alla scelta  politica
e' condivisibile e suffragata da elementi  di  diritto  positivo,  si
aggiunge che "gli spazi della  discrezionalita'  politica  trovano  i
loro confini nei principi di natura giuridica posti dall'ordinamento,
tanto a livello  costituzionale,  quanto  a  livello  legislativo;  e
quando il legislatore predetermina canoni di legalita',  ad  essi  la
politica deve attenersi in ossequio ai  fondamentali  principi  dello
Stato di diritto». 
    Appaiono parimenti non manifestamente infondate  e  rilevanti  ai
fini della decisione del ricorso le ulteriori censure del ricorrente,
nella  parte  in  cui  deduce  l'illegittimita'   dell'art.   l   del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 per violazione dell'art. 97 Cost.
sotto il profilo del parametro di costituzionalita',  costituito  dal
criterio di "economicita'" introdotto dalla legge costituzionale n. 1
del 2012. 
    Infatti, l'art. 2 di detta legge, in vigore dal 1° gennaio  2014,
stabilisce che: "All'art. 97 della Costituzione, al  primo  comma  e'
premesso il seguente: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza  con
l'ordinamento  dell'Unione  europea,  assicurano   l'equilibrio   dei
bilanci e la sostenibili del debito pubblico»". 
    La novella recepisce in Costituzione il criterio di economicita',
gia' vigente nell'ordinamento a norma dell'art.  1,  comma  1,  della
legge  n.  241  del  1990,  e  pone  quindi  un  vincolo  ineludibile
soprattutto sulla capacita' e  sulla  condizione  della  spesa  delle
Amministrazioni pubbliche, i cui esborsi non possono quindi  eccedere
le risorse effettivamente disponibili. 
    Posto  che  i  vincoli  discendenti  da  tale  nuova   disciplina
costituzionale riguardano anche le  scelte  legislative  in  tema  di
organizzazione delle amministrazioni pubbliche, dovendo  tali  scelte
privilegiare e favorire il criterio di "economicita'", il  ricorrente
deduce che il raffronto tra i costi del trattenimento in servizio e i
risparmi da destinare alle assunzioni - su cui si sofferma il Governo
nella relazione  che  accompagna  il  decreto-legge  -  evidenzia  la
violazione del  suddetto  criterio  costituzionalmente  rilevante.  A
sostegno richiama la nota di lettura n. 57 del Servizio bilancio  del
Senato, nella quale si osserva che  l'abrogazione  dell'istituto  del
trattenimento in servizio comporta  una  rilevante  spesa  ("maggiori
oneri previdenziali per anticipo dell'erogazione della pensione e dei
trattamenti di fine servizio") destinata a protrarsi nel tempo e che,
ove si mantenesse il trattenimento in  servizio,  consentirebbe  ogni
anno rilevanti risparmi che  ben  potrebbero  "alimentare  il  budget
spendibile per nuove assunzioni". 
    In particolare, la tabella riportata nella parte  della  suddetta
nota di lettura, dedicata all'analisi dell'art. 1  del  decreto-legge
n. 90 del 2014, evidenzia che, nel raffronto tra maggiori  costi  per
pensioni e per trattamento di fine  servizio  e  risparmi  per  spese
correnti stipendiali conseguenti all'abrogazione del trattenimento in
servizio, emergono non gia' "risparmi  da  cessazione"  che  liberino
somme  spendibili  per  nuove  assunzioni,  bensi'   un   consistente
disavanzo passivo per l'erario, pari a complessivi 467,3  milioni  di
euro netti (di cui 2,6 per il 2014, 75,2 per il 2015,  113,4  per  il
2016, 123,2 per il 2017 e 152,9 per il 2018). A tale aggravio per  la
finanza pubblica deve aggiungersi il mancato introito dei  contributi
previdenziali  dei  dipendenti  interessati   al   trattenimento   in
servizio, i cui versamenti non sarebbero  utili  ad  incrementare  la
loro posizione pensionistica avendo quasi  tutti  gia'  raggiunto  il
massimo conseguibile. 
    L'eccezione di costituzionalita' della normativa  primaria  sopra
richiamata  non  e'  manifestamente  infondata,  in  relazione   alla
denunciata  violazione  dell'art.  97,  secondo  comma,   Cost.   con
riferimento ai principi di buon andamento e di  efficienza,  posti  a
tutela dell'interesse pubblico. 
    La scelta governativa in sede di emanazione del decreto-legge  ed
il Parlamento in sede di conversione in legge di abrogare  l'istituto
del trattenimento in servizio, - di abrogare cioe' "la facolta' della
Amministrazione,  in  base  alle  proprie  esigenze  organizzative  e
funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla
particolare esperienza professionale del dipendente in determinati  e
specifici  ambiti  ed  in  funzione  dell'efficiente  andamento   dei
servizi" -comporta il risultato pratico di privare le amministrazioni
di risorse umane  peculiari  non  facilmente  rinvenibili  nei  tempi
immediati, allo solo scopo di favorire il ricambio generazionale. 
    Nella relazione governativa che accompagna  il  decreto-legge  si
precisa che la disciplina dettata nei primi commi dell'art. 1 il  cui
titolo  e'  "(d)isposizioni  per  il  ricambio  generazionale   nelle
pubbliche amministrazioni" "e' finalizzata  a  favorire  il  ricambio
generazionale"; nella stessa relazione il Governo individua le  cause
del mancato ricambio  generazionale  nel  "blocco  delle  assunzioni"
indotto dalla disciplina del turn over e  nella  "crisi  del  sistema
economico nel suo complesso". 
    A fronte di  tale  diagnosi,  coerenza  logica  imponeva  che  si
introducessero norme volte ad incidere  direttamente  sulle  indicate
cause,  senza  porre  contemporaneamente  a  rischio   le   "esigenze
organizzative e funzionali" e "l'efficiente  andamento  dei  servizi"
che sono valori che trovano protezione nei principi di buon andamento
e di efficienza di cui all'art. 97 Cost. 
    La norma non e' accompagnata dall'intento di  avviare  subito  le
procedure  concorsuali  per  coprire   i   posti   vacanti   e   gia'
immediatamente ricopribili;  risulta  che,  per  quanto  qui  rileva,
presso l'Avvocatura dello Stato vi e' un enorme vuoto negli organici,
formatosi prima dell'abrogazione dell'istituto del  trattenimento  in
servizio, e che poteva e puo' essere  coperto  indicendo  i  relativi
concorsi. 
    E, anche a volere tenere ferma la  scelta  di  utilizzare  per  i
concorsi i  posti  del  personale  trattenuto  in  servizio,  la  sua
attuazione poteva essere effettuata con modalita' improntate  ad  una
graduazione degli effetti, da non compromettere  i  principi  di  cui
all'art. 97 della Costituzione. Era ed e' sufficiente  prevedere  dei
meccanismi in base ai quali il collocamento a  riposo  del  personale
trattenuto  avvenga  contestualmente  alle   nuove   assunzioni   dei
vincitori all'esito dei  relativi  concorsi.  (Una  simile  soluzione
avrebbe assicurato: a) ai giovani la possibilita' di  partecipare  ai
concorsi per nuovi posti; b) alle amministrazioni, nelle  more  dello
svolgimento dei concorsi, il mantenimento delle risorse necessarie  a
garantire le 'esigenze organizzative  e  funzionali'  e  l'efficiente
andamento dei servizi; c) al personale  trattenuto  in  servizio  una
graduazione ed  uno  scaglionamento  nel  tempo  del  collocamento  a
riposo, con conseguente possibilita' di programmare la loro vita). 
    La violazione dei canoni di buon andamento e di efficienza appare
evidente con riferimento agli avvocati dello Stato  evidenziando  che
per tale categoria di dipendenti la norma fissa al 31 ottobre 2014 la
data di cessazione del trattenimento  in  servizio,  compromettendone
seriamente le sue funzioni. 
    L'allontanamento  dal  servizio  di  tali  unita'  di  personale,
disposto senza possibilita' di  sostituzione  in  tempi  ragionevoli,
appare incidere negativamente sull'efficiente andamento  dei  servizi
dell'Avvocatura  dello  Stato  e  si   pone   contro   le   "esigenze
organizzative e funzionali" di essa. 
    L'esigenza di prevedere forme di graduazione si imponeva anche in
base alla considerazione aggiuntiva che  -  a  differenza  di  quanto
previsto per la generalita' dei settori del  pubblico  impiego  -  la
durata del trattenimento in servizio per gli avvocati dello Stato  (e
per i magistrati) non era di due anni, ma di 5 anni. 
    Ritiene   la   Sezione   che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale appare non manifestamente infondata sotto  il  profilo
della drastica riduzione del periodo di  trattenimento  in  servizio,
operata soltanto in sede di conversione in legge del decreto-legge 24
giugno 2014, n. 90, rispetto  a  quanto  disposto  dal  decreto-legge
stesso, in quanto, per la categoria degli Avvocati dello Stato, per i
quali la durata del trattenimento in servizio era di 5 anni,  prevede
un termine particolarmente drastico, senza preavviso, intervenendo su
situazioni sostanziali, fondate su leggi precedenti  e  provvedimenti
gia' emanati ed efficaci, cancellando  l'affidamento  dei  dipendenti
nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento  fondamentale
dello Stato di diritto (Corte Cost n.  83/2013,  166/2012,  302/2010,
236 e 206 del 2009). 
    L'avvertita esigenza di garantire un ricambio generazionale,  che
certamente rientra nella discrezionalita' del legislatore,  riscontra
un palese contrasto fra l'obiettivo dichiarato ed il contenuto  della
norma, in quanto la drastica riduzione del periodo di  permanenza  in
servizio, fino al 31 ottobre 2014, avvenuto in agosto,  non  consente
neppure di avviare la procedura concorsuale di reclutamento dei nuovi
avvocati  dello  Stato,  visti  i  tempi  tecnici  ed  amministrativi
necessari, che del resto ad oggi non risulta essere avvenuta. 
    La Corte costituzionale ha gia' avuto modo di affermare,  con  le
sentenze n. 103 del 2007 e n. 81 del 5 marzo 2010, che la  previsione
di  una  cessazione  automatica,  ex  lege  e  generalizzata,   degli
incarichi  dirigenziali  "interni"  di  livello  generale  viola,  in
carenza di idonee garanzie procedimentali, i principi  costituzionali
di buon andamento e imparzialita' e, in particolare, «il principio di
continuita' dell'azione amministrativa che e' strettamente  correlato
a quello di buon andamento dell'azione stessa». 
    Il rapporto  di  lavoro  instaurato  con  l'Amministrazione  deve
essere connotato da specifiche garanzie, le quali  presuppongono  che
esso  sia  regolato  in  modo  tale  da  assicurare  la   tendenziale
continuita' dell'azione amministrativa. 
    I principi costituzionali di buon andamento e imparzialita' e, in
particolare,  anche   il   principio   di   continuita'   dell'azione
amministrativa  che  e'  strettamente  correlato  a  quello  di  buon
andamento  dell'azione  stessa,   vincolano,   seppure   si   intende
concretizzare  l'avvertita  esigenza   di   garantire   un   ricambio
generazionale,  anche  il  legislatore  che  deve  assicurare  idonee
garanzie, prevedibili anche nel tempo,  per  garantire  la  copertura
delle negative ripercussioni che potrebbero derivare sul principio di
buon   andamento   della    Pubblica    Amministrazione,    provocati
dall'imprevisto anticipato collocamento a  riposo  di  personale  che
doveva restare ancora per cinque anni;  cio',  considerando  i  tempi
tecnici non brevi di esperimento delle procedure concorsuali  per  la
copertura delle vacanze. I riflessi negativi si aggravano in presenza
delle mancanze di copertura  dei  posti  a  causa  del  blocco  delle
assunzioni e in presenza delle vacanze gia' rilevanti, che  subiranno
irrimediabilmente un aumento. 
    La Sezione dubita, quindi, per quanto riguarda gli avvocati dello
Stato,  che  l'obiettivo  del  ricambio   generazionale   sia   stato
bilanciato con l'esigenza di buon andamento  e  di  efficienza  della
Amministrazione di cui all'art. 97 Cost., di  mantenere  in  servizio
avvocati dello Stato i quali, per la particolare esperienza acquisita
in  specifici  ambiti  e  in  relazione  a   specifiche   situazioni,
garantivano una efficiente difesa degli interessi di  parte  pubblica
in procedimenti contenziosi. 
    Anche con riferimento all'art. 3 della Costituzione, in relazione
ai diversi profili indicati dal ricorrente (numeri 5, 6, 7 e 8  della
premessa), la Sezione ritiene non  sia  manifestamente  infondata  la
questione di costituzionalita' della norma di cui all'art.  1,  commi
1, 2 e 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge
con  modificazioni  n.  114  del  2014,   per   quanto   attiene   al
trattenimento in servizio degli avvocati dello Stato. 
    Per quanto concerne il profilo della ragionevolezza,  gia'  preso
in considerazione in connessione con l'esigenza di buon andamento  ed
efficienza della Amministrazione di cui all'art. 97,  secondo  comma,
Cost., puo' dubitarsi che  la  normativa  in  esame,  dichiaratamente
volta  a  favorire  il   ricambio   generazionale   nelle   pubbliche
Amministrazioni sia coerente con la norma di  cui  all'art.  3  dello
stesso d.l. n. 90 del 2014, come convertito con  modificazioni  dalla
legge n. 114 del 2014. Tale disposizione mantiene la  disciplina  del
turn  over,  il  blocco  delle  assunzioni  e  la  disciplina   delle
necessita' della autorizzazione per le assunzioni di cui all'art. 35,
comma  4,  del  decreto   legislativo   30   marzo   2001,   n.   165
(irragionevolezza per contraddittorieta'). 
    Anche sotto i profili indicati sub 6, 7 ed 8  della  premessa  la
eccezione di incostituzionalita' della  normativa  in  questione  per
contrasto con l'art. 3 Cost. non appare manifestamente infondata. 
    Appare infatti ingiustificata l'eguaglianza  di  trattamento  fra
gli avvocati dello  Stato,  il  cui  trattenimento  in  servizio  era
previsto per cinque anni oltre il limite  di  eta'  previsto  per  il
collocamento a riposo, e la generalita' dei dipendenti pubblici per i
quali il trattenimento era  previsto  per  2  anni.  Tale  differenza
meritava un trattamento differenziato, in  particolare,  come  si  e'
sopra rilevato, in relazione al buon andamento e all'efficienza della
Pubblica  Amministrazione,  perche'  in  percentuale  il  numero  dei
dipendenti che cessano dal servizio varia in  modo  notevole  fra  le
generalita' dei dipendenti e gli avvocati dello Stato. 
    Cosi' appare ingiustificata la diversita' di trattamento fra  gli
avvocati dello Stato e i magistrati. Per tali categorie di dipendenti
era  infatti  prevista  una  identica  durata  di  cinque  anni   del
trattenimento in servizio oltre  il  limite  per  il  collocamento  a
riposo. La legislazione recente tende infatti a parificare ove non vi
sia una ragione ostativa, gli statuti  delle  magistrature  e  quello
degli avvocati dello Stato (art.  6-bis,  comma  4,  della  legge  26
febbraio 2004 n. 45; art. 16, comma 2, del decreto legge 12 settembre
2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla  legge  10  novembre
2014, n. 162). 
    La ragione della equiparazione  sta  nella  posizione  di  attori
pubblici del Foro di entrambe le categorie  dei  magistrati  e  degli
avvocati, nelle garanzie, che al di la' delle  differenze  di  ruoli,
sono egualmente necessarie per soggetti che esercitano la delicata  e
fondamentale funzione di interpretazione delle fonti normative. 
    Ebbene, la Sezione non individua una sola buona ragione che possa
portare  al  consenso  e  alla  accettabilita'  della  differenza  di
trattamento operata in sede di conversione del  decreto-legge  n.  90
del   2014   fra   magistrati   e   avvocati   dello   Stato.    Tale
differenziazione, che appare violare il precetto di  cui  all'art.  3
Cost., in quanto ingiustificata, viene quindi ad inserire un elemento
di frattura nel sistema normativo del Foro, con conseguenze  negative
sull'ordinamento generale. 
    La Sezione ritiene infine manifestamente infondate  le  eccezioni
di incostituzionalita' di cui ai punti  4,  9,  10,  11  e  12  della
premessa. 
    Cio' rispettivamente in quanto: 
        l'esistenza della necessita' ed urgenza  e'  da  valutare  in
relazione ai  bisogni  dell'ordinamento  nazionale  generale  e  tale
valutazione e' stata effettuata dal Parlamento (punti 4 e 11); 
        non e' provato il mutamento fra il  testo  del  decreto-legge
come approvato dal Consiglio dei ministri e  come  pubblicato  e  non
sono emersi elementi che possano escludere la piena riferibilita'  al
Governo di tale decreto legge (punto 9); 
        il ritardo di alcuni giorni  con  cui  il  decreto  e'  stato
portato all'esame delle Camere non prova la  assenza  dell'urgenza  e
necessita' (punto 10); 
        la  disposizione  specificamente  esaminata  ha  inciso   sul
trattenimento in servizio oltre il limite di eta' per il collocamento
a riposo e non sul periodo di servizio previsto in via ordinaria  cui
fa riferimento l'eccezione riportata al punto 12.